fashion designer
Ambiente

Il mondo della moda e l’impatto ambientale

Una scelta più consapevole dei tessuti da indossare è importante sia per limitare l’inquinamento provocato (anche) dall’industria della moda sia per frenare una certa idea “estrema” di spreco.

Sempre più italiani scelgono stili di vita “eco-friendly”. Anche nella moda si stanno affermando nicchie di mercato importanti e consistenti, stiamo parlando della così detta moda vegana, una scelta consapevole per molti consumatori e per brand ed aziende innovative che cercano di realizzare le loro creazioni senza utilizzare tessuti e materiale di derivazione animale.

La moda ed il suo elevato impatto ambientale

Quando si parla di ambiente l’industria tessile ha un ruolo cruciale poiché, oltre ad essere uno dei principali consumatori d’acqua a livello mondiale, incide in maniera consistente sulle emissioni di gas serra.

Un altro dato che dovrebbe far riflettere è quello relativo agli scarti industriali e al loro mancato riciclo: soltanto un quarto delle 5,8 tonnellate degli scarti prodotti in Europa viene riutilizzato.

Per tali motivi è importante sensibilizzare la popolazione circa l’opportunità di scegliere tessuti realizzati mediante l’uso di fibre ecologiche, in grado di ridurre l’impatto ambientale causato dall’intero ciclo produttivo. E la moda, da grande esploratrice qual è, si è aperta ai materiali innovativi, capaci di sposare le tendenze del momento ma anche la necessità di inquinare meno.

Oggi possiamo parlare di un universo della moda più consapevole e rispettoso, che risponde positivamente alla crescente domanda di capi realizzati all’insegna della trasparenza e della sostenibilità.

La moda è innovazione ed ecco che l’utilizzo e la scoperta di nuovi materiali può diventare una bella occasione per le PMI italiane che lavorano nel settore del fashion.

Naturale non sempre fa rima con ecosostenibile

Le fibre sintetiche vengono realizzate in laboratorio mediante l’impiego di polimeri plastici o derivati del petrolio non biodegradabili.

Tuttavia, il maggior pericolo è causato dal processo produttivo stesso, che prevede emissioni di CO2 molto elevate, consumi energetici esorbitanti e un alto rischio relativo alla possibile dispersione di sostanze chimiche dannose durante la lavorazione.

Lino, cotone, canapa, juta, agave, ananas, cocco, lana e seta, rientrano nel novero dei tessuti rinnovabili, insieme all’acetato e alla viscosa, che vengono prodotti lavorando la cellulosa.

Malgrado la loro origine naturale, tuttavia, questi tessuti esercitano un forte impatto ambientale imputabile soprattutto alla necessità di terre da coltivare e agli allevamenti intensivi di bestiame.

Per sopperire alla scarsa disponibilità di materie prime, infatti, sempre più spesso si assiste a vere e proprie torture ai danni degli animali, deforestazione e modalità di coltivazione che prevedono l’uso di sostanze inquinanti.

I tessuti riciclati

Tra i più comuni troviamo la lana rigenerata partendo dai vecchi indumenti o dai residui tessili ed il cotone riciclato.

Il riciclo è la miglior soluzione anche per ridurre i rifiuti dei tessuti sintetici non biodegradabili.

Ed è per questo motivo che si è provveduto ad introdurre certificazioni come quella denominata “Global recycled standard“, che controllano effettivamente se la fibra proviene da materie riciclate o meno.

Anche le bottiglie di plastica possono essere riutilizzate per la creazione di tessuti belli e resistenti, esattamente come quelli premiati con il “Global change award” assegnato dalla Fondazione H&M.

Molti progetti sono nati dalla creatività di alcuni fan della moda sostenibile che hanno usato gli scarti agroalimentari per creare tessuti come “Orange Fiber“, ottenuto con le arance, o la similpelle vegetale ricavata dall’ananas, dai funghi e dalle mele.

Contributo di NaturalMania.it il blog dedicato alla moda vegana e alla sostenibilità ambientale come stile di vita!