3
Economia e Finanza

GLI ISTITUTI DEFLATTIVI DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO: DALL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE ALLA MEDIAZIONE TRIBUTARIA

Avete delle posizioni pendenti nei confronti del Fisco; non volete assolutamente intraprendere una lunga e faticosa causa tributaria, che siete certi si risolverebbe in vostro sfavore; cercate una soluzione rapida che vi permetta di arginare il più possibile le perdite.

Con l’assistenza di un bravo avvocato tributarista (se siete del nord date un occhiata qua: si tratta di un sito che permette di contattare i migliori tributaristi di Milano e altre città lombarde) potreste valutare il ricorso ad un istituto deflativo.

 Il professionista comincerà prima di tutto chiarendovi il senso della “deflazionare”.

A partire dagli anni ’90 il legislatore ha cominciato a elaborare degli istituti di “conciliazione” tra fisco e contribuente accertato, con l’obiettivo di alleggerire le commissioni tributarie della grande mole di ricorsi di cui erano sommerse.

Da qui il termine, che indica una diminuzione negli anni del numero dei ricorsi presentati.

Gli istituti deflattivi del contenzioso sono:

  • l’autotutela (in cui l’amministrazione rivede un proprio atto palesemente infondato)
    l’accertamento con adesione (in cui su istanza del contribuente e sulla base di elementi attenuanti viene ridotto l’importo accertato)
  • l’adesione ai verbali dell’agenzia delle entrate e della guardia di finanza (sanzioni ridottissime)
  • la conciliazione giudiziale (come l’adesione, ma nella fase giudiziale)
  • l’acquiescienza (versamento entro un certo numero di giorni con sanzioni ridotte).

Tralasciando il primo e l’ultimo, soffermiamoci sugli altri…

Accertamento con adesione

Introdotto dal decreto legislativo del 19 giugno 1997, n. 218, è sostanzialmente un accordo tra il Fisco e il contribuente per definire bonariamente le posizioni pendenti.

Nell’istituto assume un ruolo rilevante il contraddittorio, che consente alla parti di trovare un punto di incontro tra quanto pretende l’Ufficio e la difesa dal contribuente.

Con esso il contribuente ha l’opportunità di conoscere i motivi per i quali l’Amministrazione finanziaria avanza pretese tributarie a suo carico, così che egli possa valutare se aderire alle richieste o resistere impugnando l’atto dinanzi alle competenti Commissioni Tributarie.

D’altro canto rappresenta per gli Uffici finanziari un utile mezzo per snellire la procedura e anticipare la riscossione dei tributi.

Quanto all’applicazione dell’istituto, possono fare ricorso all’accertamento con adesione:

  • persone fisiche
  • società di persone
  • associazioni professionali
  • società di capitali
  • enti
  • sostituti d’imposta.

E altresì l’istituto si estende a tutte le tipologie reddituali e a tutte le più importanti imposte dirette e indirette, nonché alle imposte sostitutive.

La procedura consta di quattro fasi:

  1. iniziativa, d’ufficio o su istanza del contribuente
  2. contraddittorio
  3. formazione dell’atto di adesione
  4. perfezionamento della definizione.

In merito al primo punto, qualora l’iniziativa parta dagli Uffici finanziari, al contribuente viene inviato un invito a comparire, nel quale sono indicati:

  • i periodi di imposta suscettibili di accertamento
  • il giorno e il luogo della comparizione
  • gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento in possesso dell’Ufficio.

Il contribuente può decidere di aderire all’invito e partecipare al contraddittorio con l’Ufficio, oppure di non presentarsi e attendere l’eventuale avviso di accertamento, riservandosi di impugnarlo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.

In quest’ultimo caso però si preclude la possibilità di presentare l’istanza di cui appresso.

Qualora invece sia il contribuente a portare a conoscenza dell’Agenzia delle Entrate i fatti o i documenti che reputa idonei a ridurre la pretesa tributaria, deve presentare un’istanza, in carta semplice, che dà avvio al procedimento di accertamento con adesione.

Ciò però è possibile solo quando siano stati effettuati degli accessi, ispezioni o verifiche o quando il contribuente abbia ricevuto un atto di accertamento, anche parziale.

Dalla data di presentazione o spedizione dell’istanza di adesione è prevista una sospensione dei termini di 90 giorni per impugnare l’atto di fronte alla commissione tributaria provinciale, cosicché il tempo totale a disposizione per preparare l’eventuale ricorso sarà pari a 150 giorni dalla notifica.

Conclusa positivamente la fase del contraddittorio, l’Ufficio finanziario redige in duplice esemplare l’atto di accertamento con adesione, che deve essere sottoscritto da entrambe le parti contraenti.

L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento, da parte del contribuente, delle somme risultanti dall’atto di adesione sottoscritto, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto.

Pagamento che può avvenire in un’unica soluzione o in forma rateale (la prima tranche da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto).

È necessario che non trascorrano più di 10 giorni dal versamento dell’intero importo o della prima rata per far pervenire all’Ufficio competente la quietanza dell’avvenuto pagamento accompagnata, nei casi di rateizzazione, dalla documentazione relativa alla garanzia.

Mentre l’omesso, tardivo o carente versamento delle somme definite comporta il mancato perfezionamento dell’adesione con la conseguente inefficacia dell’atto sottoscritto.

MA, IN SOSTANZA, PERCHE’ IL CONTRIBUENTE DOVREBBE RICORRERE ALL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE?

Perché la procedura comporta la riduzione delle sanzioni di un terzo rispetto al minimo previsto dalla legge.

 

L’adesione ai processi verbali di constatazione

Si tratta di un nuovo istituto che dichiara le stesse finalità del precedente, vale a dire evitare le liti con i contribuenti e garantire una più efficiente gestione delle risorse erariali, accelerando i tempi di definizione della pretesa tributaria.

Esso è applicabile alle sole imposte sui redditi e all’IVA, e dà al contribuente una serie di vantaggi:

  • la possibilità di definire le pendenze fiscali prima dell’emissione dell’avviso di accertamento
  • la riduzione delle sanzioni ad un sesto del minimo
  • la possibilità, anche in questo caso, di rateizzare il pagamento
  • la facoltà di rateizzo anche in assenza di garanzia.

D’altro canto però l’adesione ai processi verbali di constatazione non prevede alcuna forma di partecipazione alla quantificazione dell’imponibile e del tributo.

DUNQUE, NON C’E’ CONTRADDITTORIO E IL CONTRIBUENTE DEVE ACCETTARE QUANTO CONTENUTO NELL’INVITO O NEL P.V.C.

L’adesione al p.v.c. è lasciata alla libera iniziativa del contribuente, il quale potrà valutare la convenienza o meno a chiudere il rapporto con il Fisco beneficiando delle agevolazioni previste.

Tuttavia, nel caso in cui il soggetto decida di non aderire al p.v.c., l’invito a comparire non può essere oggetto di definizione agevolata.

Ricordiamo altresì che, in caso di adesione, non è possibile apportare alcuna variazione al p.v.c., né instaurare su di esso un eventuale contraddittorio con l’amministrazione.

Cosa prevede la procedura di adesione ai processi verbali di constatazione?

Che nel giro di 30 giorni dal ricevimento del verbale di constatazione, il contribuente dia comunicazione di adesione all’amministrazione, che a sua volta dispone di 60 giorni per notificare al contribuente l’atto di definizione dell’accertamento parziale.

La definizione dell’accertamento parziale si perfeziona con la notifica dell’atto di definizione (al contrario dell’accertamento con adesione che si perfeziona saldando le somme dovute).

L’istituto obbliga il contribuente a versare quanto dovuto in base all’atto di definizione entro 20 giorni dalla sua notifica.

Il mancato versamento delle somme determina l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo, con applicazione delle sanzioni per omesso versamento pari al 30%.

 

 

L’adesione all’invito a comparire

In questo caso l’invito a comparire deve contenere non solo l’indicazione dei periodi di imposta suscettibili di accertamento, del giorno e dell’ora della comparizione per la definizione dell’accertamento con adesione, ma anche le “maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti” nel caso in cui il contribuente decida di definire l’accertamento tramite adesione all’invito, nonché “i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori” quantificazioni, ossia i presupposti in fatto e in diritto su cui si fonda la pretesa impositiva.

Il contribuente, una volta ricevuto l’invito a comparire, può:

  1. aderire integralmente al suo contenuto, rinunciando alla fase del contraddittorio e beneficiando della riduzione delle sanzioni ad un sesto del minimo
  2. richiedere di definire la pendenza sulla base della procedura ordinaria di adesione in contraddittorio.

Qualora scegliesse la prima soluzione dovrà:

  • comunicare all’Ufficio delle Entrate competente la sua adesione
  • versare le somme quantificate nell’invito-atto entro il quindicesimo giorno alla data antecedente a quella fissata per l’eventuale instaurazione del contraddittorio
  • allegare alla comunicazione, pena l’inammissibilità della richiesta di adesione, la quietanza di pagamento (dell’intero importo o della prima rata, a seconda della modalità prescelta).

A differenza della procedura riguardante l’accertamento con adesione, l’adesione all’invito a comparire si perfeziona con la presentazione della comunicazione e il contestuale pagamento delle somme dovute senza l’emissione di un successivo atto.

 

La mediazione tributaria

A partire da gennaio 2018 la mediazione tributaria è diventata obbligatoria per tutte le cause il cui valore si assesti nei 50 mila euro (a fronte dei 20mila precedenti).

Per sapere se si rientra o meno nel nuovo range il contribuente deve considerare la data di ricezione dell’atto notificato e non la data di spedizione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Cosa vuol dire?

Che se l’atto è notificato a mezzo posta prima del 1° gennaio 2018, ma è ricevuto dal contribuente successivamente a tale data, anche se la controversia supera i 20mila (restando però sempre nell’ambito dei 50mila), è obbligatorio ricorrere alla mediazione tributaria.

Inoltre, il reclamo/mediazione trova applicazione anche quando, alla data del 1° gennaio 2018, non sia decorso il termine di novanta giorni dall’avvenuta presentazione di istanze relative a rimborsi superiori a20mila e fino a 50mila euro, mentre non opera se, alla medesima data, tale termine è già concluso.

Sono soggetti a mediazione tributaria obbligatoria gli atti o provvedimenti concernenti imposte e tasse (imposte sui redditi, bollo auto tassa rifiuti ecc.) o la materia catastale.

Tra questi atti rientrano anche la comunicazione di iscrizione di fermo amministrativo sul veicolo o di ipoteca su un immobile.

Il ricorso notificato all’ente impositore/Agente della Riscossione, qualora si alleghi l’istanza di mediazione, produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

La conciliazione giudiziale della controversia tributaria

Le parti pervengono alla composizione dei loro interessi e l’accordo non è sottoposto a un controllo di legalità da parte del giudice in ordine alla congruità delle somme determinate dalle parti.

Possono pervenire alla conciliazione giudiziaria tutte le controversie tributarie che si trovino nella fase processuale del primo grado di giudizio, con l’eccezione delle liti per le quali è obbligatoria la procedura di mediazione tributaria, essendo i due istituti alternativi.

Quanto all’ammissibilità, è possibile valersi di questo strumento deflattivo sia quando l’istanza abbia ad oggetto un atto impositivo con contestuale irrogazione di sanzioni, sia quando il ricorso avvenga contro un provvedimento di sola irrogazione sanzioni.

Ammessa è anche la cosiddetta conciliazione adesiva, che ricorre qualora il contribuente intenda addivenire ad essa solo per ottenere la riduzione delle sanzioni amministrative, accettando interamente la quantificazione dell’imposta contenuta nell’atto di accertamento impugnato.

Con riferimento al procedimento, la conciliazione giudiziale può aver luogo solo davanti alla Commissione tributaria provinciale, non oltre la prima udienza di trattazione.

L’eventuale accordo conciliativo è formalizzato mediante apposito processo verbale.

Con riferimento al perfezionamento della conciliazione giudiziale, esso si realizza con il pagamento dell’intero importo dovuto, ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale, entro venti giorni dalla data di redazione del processo verbale (conciliazione in udienza), o dalla data di comunicazione del decreto presidenziale (conciliazione fuori udienza).

E’ consentito il versamento in forma rateale, per un massimo di otto (dodici se l’importo complessivamente dovuto supera i 50.000,00 euro) rate trimestrali di pari importo.

In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive alla prima l’importo residuo viene iscritto a ruolo e la sanzione da omesso versamento viene irrogata nella misura doppia (60% e non 30%).